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PROGRAMMA ritorna ad INCONTRI INTERNAZIONALI
La terza visita del progetto Make Able si è svolta, dal 25 al 28 agosto 2011, in Belgio a Geel, città che per gli addetti ai lavori è un luogo molto significativo. Tra storia e leggenda si narra che nel 600, almeno secondo la ricostruzione che ne fece Peter von Kamenijk in una cronaca intorno al 1250, una giovane principessa irlandese, Dimpna, era fuggita dal padre incestuoso, che desiderava sposarla perchè gli ricordava la moglie morta prematuramente. La pura Dimpna si rifugiò a Geel ma fu raggiunta dal tenace genitore che la trovò e le mozzò la testa. E che c'entrano i matti? Ancora niente. Ma alcuni anni dopo cominciò a circolare la leggenda che l'infausto padre aveva ucciso posseduto dal demonio, che avesse ucciso la figlia in preda a un attacco di follia. Ecco che la connessione si era stabilita. Da allora cominciarono i pellegrinaggi di gente che portava qui i propri folli sulla tomba di Dimpna, presto diventata santa, perchè li curasse. Nei secoli questa abitudine si rinforzò, mentre accadeva un fenomeno curioso: molti di questi matti restavano a Geel, ospiti di famiglie del posto, che evidentemente cominciavano a sentirsi a proprio agio, tra le spoglie decapitate di Dimpna e gli sguardi sperduti nel vuoto dei malati di allora. E si formava così una cultura popolare, profonda, intimamente condivisa, che dura ancor oggi. Questo fenomeno è finito presto all'attenzione di ogni psichiatria più o meno alternativa. Il modello di Geel era un sogno per chi immagina che il malato non debba essere rinchiuso in un'istituzione ma possa continuare a mantenere i suoi rapporti sociali, una rete affettiva valida, la solidarietà della comunità dove può continuare a vivere (e qualche volta anche riprendere a soffrire, nei momenti di crisi). Uno psichiatra così risponde alla domanda se questo sistema è terapeutico: “Non sappiamo se così li curiamo meglio. So che però i pazienti sono contenti e mantengono un livello socialmente alto".
I malati che vivono presso famiglie scelte sono schizofrenici, psicotici, handicappati mentali, con forme più o meno gravi, ma comunque tutti in una fase stabile della malattia. Le famiglie che si offrono sono cittadini di Geel che da sempre hanno conosciuto questo sistema, che lo sentono come una parte del proprio modo di vivere, che appare loro come un fatto naturale. L'hanno visto fare dai propri genitori o dal vicino di casa, quindi lo fanno anche loro. A Geel si vive così. Nel resto del mondo del volontariato ci si è riempiti la bocca: a Geel si tace.
Le motivazioni possono essere varie. L'adesione alla tradizione, prima di tutto. Ma anche ci sono legami che si stabiliscono tra le persone e i folli. I genitori ospitarono qualcuno e i figli, diventati grandi, prendono con sè quel malato ormai diventato anche lui vecchio. E' la vita che si perpetua, senza stabilire chi è figlio di chi, chi è sano e chi no. Qualcuno cerca anche braccia per la campagna e allora accoglie un paziente che gli possa prendere qualche pomodoro, portare qualche sacco di calce. E poi ci può essere anche una motivazione economica. Lo stato belga, attraverso l'Ospedale psichiatrico, paga una diaria a seconda dell'età del paziente e delle sue necessità. Non sono grandi cifre e dovono bastare per il mangiare, la pulizia della stanza personale dell'ospite e il lavaggio dei suoi abiti. Ma ci sono famiglie di anziani che forse ricevono una nuova compagnia da queste persone.
La nostra visita è stata quindi un tuffo in una realtà unica e veramente suggestiva!